The Lobster

di Edoardo Certelli

Se considerata in relazione agli illustri precedenti del Novecento della letteratura e del cinema, la distopia è un metodo narrativo caduto leggermente in disuso: in un mondo moderno così veloce e al quale non pare davvero mancare nulla in termini di comfort tecnologici e quant’altro, non sembra più la strategia migliore per raccontare una storia. Di contro, negli ultimi anni i concetti di distopia e, di riflesso, di utopia, sono stati rivisitati con successo da alcuni autori come Spike Jonze (vedasi Her) e Jaco Van Dormael (Mr. Nobody): colui che però ha fatto di questi singolari espedienti dei veri e propri cavalli di battaglia è il regista greco Yorgos Lanthimos, che con The Lobster si conferma come un director da tenere d’occhio per il futuro.

Nel mondo tratteggiato da Lanthimos in questo film, ogni persona è obbligata dalla legge a trovare un partner con il quale sposarsi. Tutti i single vengono “deportati” in un hotel nel quale dovranno trovare la dolce metà entro quarantacinque giorni: se non vi riescono, verranno trasformati in un animale scelto preventivamente. I solitari più fortunati, che riescono a trovare una via di fuga nei boschi, sono oggetto di caccia dei residenti dell’hotel: l’uccisione di uno di loro aggiunge un giorno di tempo in più nella struttura. In quest’atmosfera soffocante vengono esaltati tutti i classici clichè del concetto di coppia, dei vantaggi che essa apporta alla vita dell’individuo, senza preoccuparsi delle emozioni della singola persona la quale, davanti all’esigenza di accoppiarsi, passa inesorabilmente in secondo piano.

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Se l’ambiente dell’hotel è altamente coercitivo, meglio non si può certo dire dei solitari, eterni vagabondi del bosco circostante l’albergo, sempre in costante pericolo di ritrovarsi bersaglio di una battuta di caccia. Qui il divieto è di accoppiarsi, anche se questo non impedirà a David, il protagonista, di innamorarsi di una sua compagna. Il chiaro intento del regista greco è di condannare gli estremismi, ricordandoci ancora come sarà sempre troppo tardi quando il pensiero moderno rigetterà una volta per tutte le dicotomie senza via d’uscita.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, la regia di Lanthimos è studiata alla perfezione, in quanto le sensazioni di claustrofobia e di apnea si propagano per tutto il film: sequenze veloci si alternano a quadri riflessivi e ritratti profondi, impreziositi da una fotografia assolutamente degna di nota. Va inoltre ricordato che il lavoro di Lanthimos è stato premiato al Festival di Cannes con il premio della giuria. La recitazione degli attori è di alto livello: la sceneggiatura delinea alla perfezione le caratteristiche di ogni personaggio, e così la timidezza e il buon cuore di David trovano la giusta corrispondenza in un Colin Farrell così convincente da indurre i giurati del Golden Globe a nominarlo come miglior attore di un film commedia. Anche se non si capisce bene dove abbiano visto la commedia in questa pellicola.

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The Lobster è un film che mette molte domande scomode in testa. Cerchiamo l’amore perché lo vogliamo davvero o perché ce lo impone la società? Riassumendo, si può dire che questa sia la punta dell’iceberg. Non si può comunque non consigliare un film che nei vari forum di cinefili acquista sempre più punti: diventerà un cult tra non molto.

Noi di cinehaus l’abbiamo detto prima di tutti.