di Andrea Sciuto

È solo la fine del mondo?

Ricordate quando da bambini compravate il nuovo libro di Harry Potter e correvate a leggere l’ultima pagina per sapere il finale?

È solo la fine del mondo si può dire inizi così. Louis torna a trovare la sua famiglia dopo un lungo periodo di assenza per venire a porgerle l’ultimo saluto perché sta per morire. I temi affrontati dall’opera presentano caratteri comuni a quelli dell’incomunicabilità di felliniana memoria.

Il protagonista, individuo di poche parole, troverà fatica nel confidare ai parenti il suo problema, fatica dovuta: dal distacco d’età con la sorella, che lo ammira quasi divinamente nonostante non sappia effettivamente chi sia; dal carattere particolarmente burbero del fratello, il quale cerca di dimostrare di non essergli legato; dal rapporto non proprio aperto con la madre, la quale tuttavia si presenta come personaggio molto libertino e permissivo nei confronti dei figli.

Egli riuscirà a provare empatia solo nei confronti di Catherine, nonostante questa venga continuamente zittita dal marito, il fratello di Louis.

Questo quadro ci mette davanti ad una questione paradossale: si può urlare silenziosamente e essere capiti non da chi condivide il tuo sangue ma da estranei?

L’insieme dei caratteri della famiglia creano il soggetto di quest’opera: un’incomunicabilità che non consiste nel creare un deserto arido fra il protagonista i familiari, ma nel tentativo di questi ultimi di raggiungere Louis dall’altro lato di un burrone di ampio diametro, ma insieme a lui c’è Catherine, non perché ci sia arrivata ma perché vi è già.