di Edoardo Certelli

Apocalypse Now: quando il cinema parla per una generazione e diventa un manifesto storico

C’è un motivo se in una filmografia farcita di capolavori come quella di Coppola, dalla saga del Padrino a “La conversazione”, fino al Dracula di Bram Stocker, è “Apocalypse now” il titolo che più consacra il regista di Detroit nell’olimpo dei grandi del cinema di tutti i tempi. Regia ispiratissima, scenografie eccezionali ed un intreccio concepito magistralmente: questi gli ingredienti di uno dei film-manifesto per eccellenza, che rappresenta una guerra, quella del Vietnam, in modo crudo e spietato, mettendone a nudo le contraddizioni, spogliandola dei toni della propaganda interventistica e mostrandola invece per quello che è: un’inutile carneficina.

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Immagine di theredlist.com

Tutto ci appare chiaro sin dai primi minuti, in cui il colore rosso del cielo fa da sfondo alla giungla e agli elicotteri: i vari piani di regia si mescolano senza sosta, accompagnati dalla cupa The end” dei The Doors in una sequenza iniziale ormai divenuta leggendaria. Coppola non ha timore di mostrarci i peggiori difetti che hanno animato questo conflitto, e lo fa soprattutto tramite il personaggio del tenente Kilgore; ci mostra la sua megalomania, che lo porta ad attaccare un villaggio al suono della Cavalcata delle Valchirie di Wagner, in una scena incisa a caratteri cubitali nella storia del cinema; ci mostra la sua vanità, quando pretende di fare surf nel mezzo di una battaglia, tanto è sicuro della vittoria. Ma è sulle spalle del capitano Willard che grava il fardello più pesante: trovare ed uccidere un disertore americano, il colonnello Kurtz.

Interpretato da un Marlon Brando eccezionale, la figura enigmatica del colonnello rimane celata per quasi tutto il film. E’ questo il principale espediente narrativo di Coppola, che esaspera la ricerca del disertore in un climax arrembante, instillando nella mente di Willard una serie di dubbi che lo metteranno, al momento della verità, di fronte a delle scelte.

Immagine di vertigo24.net

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E proprio la scelta è il tema cardine del film, quella scelta di sottrarsi all’orrore che Willard non ha il coraggio di compiere, mentre Kurtz, isolatosi con i suoi seguaci che lo seguono come un dio, sceglie di usare l’orrore come difesa. Emblematico il momento in cui Willard scova Kurtz nel lembo di terra in cui è rintanato e l’ombra del colonnello strega il capitano e lo spettatore con un crudo monologo sulla guerra. E la sua sentenza è inappellabile:

“Tu hai il diritto di uccidermi, ma non hai il diritto di giudicarmi.”

E’ infatti l’orrore a sfilare davanti alla mente di Kurtz nei suoi ultimi istanti di vita, quell’orrore che era stanco di combattere con altre atrocità. Ad accompagnare Willard nella scena finale è una pioggia battente che non sembra riuscire a lavare via il sangue versato.

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Immagine di imdb.com

E nel mezzo dei titoli di coda, una citazione ci torna in mente all’improvviso, e ci colpisce come un uragano:

“Addestriamo giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere ‘cazzo’ sui loro aerei perché è osceno.”

Si spengono le luci.

 

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