di Edoardo Certelli

Il Grande Lebowski: come un film apparentemente normale è diventato un cult

Esistono film che finiscono per avere un impatto fortissimo sulla nostra vita di tutti i giorni, e questo è vero sia per i cinefili sia per chi di cinema non mastica granché: ne sa qualcosa Oliver Benjamin, un giornalista americano, che dopo la visione de Il grande Lebowski ha avuto la brillante idea di fondare nel 2005 una vera e propria religione ispirata alla filosofia di vita del Drugo, il protagonista del film. Tale religione, il dudeismo, dal soprannome di Lebowski “the Dude” tradotto in “Drugo” nella versione italiana, conta quasi 200.000 sacerdoti attivi e praticanti, con tanto di libro sacro.

Non male, verrebbe da dire.

Probabilmente nemmeno i fratelli Coen avrebbero scommesso sul successo che ha poi riscosso Il grande Lebowski, un film che ha conquistato un’intera generazione e ispira decine di eventi a tema in tutto il mondo.

Ma come è riuscito questo film a diventare un cult?

In primo luogo,

Il grande Lebowski è un film molto più fine e ben ideato di quanto si possa pensare a tutta prima: la sceneggiatura, da applausi, intreccia tanti generi diversi, andando a formare quella che si potrebbe definire una crime comedy, che intrattiene lo spettatore con un intreccio tutt’altro che banale, condito da gag e dialoghi a tratti a dir poco esilaranti. E se una buona sceneggiatura è nulla senza interpreti di rilievo, una lode va a tutto il cast, da Jeff Bridges a Steve Buscemi, da John Goodman a Julianne Moore, che danno vita a personaggi indimenticabili, davanti ai quali è impossibile rimanere freddi.

Il Grande Lebowski

John Turturro, Julianne Moore, Beau Bridges, John Goodman and Steve Buscemi

In secondo luogo,

va fatto un plauso alla regia di Joel Coen, che inserisce nel film diverse sequenze di tutto rispetto, dall’inquadratura all’interno della palla da bowling ai viaggi mentali del Drugo. Menzione d’onore invece per la sequenza iniziale, con il Drugo al supermercato in accappatoio e l’incipit della voce fuori campo, divenuta ormai storica.

Il Grande Lebowski

La Scena del Supermercato

Se finora si è parlato dei meriti tecnici del film, che spesso in pellicole del genere vengono sottovalutati, il motivo del successo de Il grande Lebowski va cercato soprattutto nella morale del film. Ognuno di noi finisce per solidarizzare con il Drugo, sul quale la sorte si accanisce senza sosta, che non chiede altro che di poter continuare la sua vita tranquilla da nullafacente. E, nonostante i guai, il nostro protagonista non si abbatte mai, perché “la vita va avanti” e preoccuparsi dei problemi non è certo un vantaggio. Riusciamo così tanto ad identificarci con Lebowski, che non ci dispiace mai dei suoi guai, anzi ne ridiamo di gusto, come probabilmente farebbe lui dall’esterno.

E’ l’emblema di una generazione sospesa nel cercare una propria identità, e che nel suo cercare vuole meno rogne possibili.

Un white russian, degli amici, una partita a bowling: il Drugo di L.A. non ha bisogno di altro. E forse un po’ lo invidiamo tutti, perché tutti vorremmo saper essere felici con così poco.

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