di Edoardo Certelli

Il più grande inno alla vita della storia del cinema

Ai posteri l’ardua sentenza, ma non stavolta. Perché, com’è giusto che sia, è sempre il tempo a stabilire se un’opera è degna di essere definita un capolavoro oppure no, ma The Tree of Life si sottrae a questa legge con la grazia e l’eleganza che gli sono proprie, perché l’albero di Malick è un’opera d’arte che va oltre il cinema, con il preciso intento di celebrare la natura come forza portante di tutto l’essere, una natura che tutto permea e tutto accoglie. In breve, un capolavoro.

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The tree of life è un film che cerca di rispondere alle domande più profonde dell’essere umano attraverso il collegamento tra le vicende di una famiglia americana e la creazione dell’universo. E questa base sarebbe sufficiente già da sola a far capire che ci si trova davanti a qualcosa di fuori dell’ordinario. Chi è l’uomo? Qual è il suo scopo su questa terra? Dov’è Dio in tutto questo? Sarebbe pretenzioso dire che Malick risponda in modo chiaro a queste domande. Domande difficili presuppongono risposte difficili, aleatorie, forse razionalmente incomplete, soprattutto in un film in cui è palese l’intenzione di mostrare l’immensità e la bellezza del creato attraverso un canale puramente visivo.

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Tuttavia, The tree of life riesce nella meravigliosa ed emozionante impresa di far intravedere Dio agli spettatori, di suggerirlo e di farne avvertire la presenza, il tutto tramite una serie di inquadrature che esaltano la bellezza della natura e attraverso la crescita di un ragazzo che sviluppa i propri rapporti con il padre e la madre. Le figure genitoriali diventano la grande metafora di cui Malick si serve per esaminare il rapporto dell’uomo con il divino, un rapporto d’amore ma anche di odio e di ribellione, un legame che dalla separazione aspira sempre all’unione, anche nelle difficoltà.

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Per i fan del regista di origini siriane, le poetiche di Dio e della natura non sono certo una novità nei suoi film. The tree of life sembra essere il grande sunto della filosofia di Malick, che riunisce i vari temi intravisti nei film precedenti, e proprio per questo ne diventa il suo manifesto principe. La regia è di una bellezza disarmante, l’uso della musica rimanda molto all’Odissea di Kubrickiana memoria, e di sicuro non è un caso, visti i temi trattati: la sceneggiatura ha il gran pregio di non eccedere, di non rovinare un film visivamente senza eguali, e anzi di fare la sua parte nel suggerire il messaggio complessivo del film. E come non citare quell’Emmanuel Lubezki, tre volte premio Oscar, che arricchisce il film con un lavoro mozzafiato, con dei frame che a tratti lasciano letteralmente a bocca aperta, in perfetta sintonia con lo stile di Malick. Mai come in questo film gli attori sono strumenti del regista e il cast accetta senza remore di imbarcarsi in questo viaggio, riuscendo più volte a suggerire sensazioni solo con gesti e sguardi, abbandonandosi completamente alla meravigliosa corrente dell’opera.

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Cos’altro si può dire di un film come questo?

Non è un film di facile visione, non è il film con cui forse è consigliabile iniziare ad appassionarsi al cinema. Non è il film facilone che vedi con gli amici tanto per passare una serata, non è il film che vedi con il partner quando fuori piove. Non è un film che si può vedere a cuor leggero e non è un film che si coglie per intero dopo una sola visione. Se riuscite a mettere in conto tutto questo, potete mettervi comodi, perché The tree of life è un’esperienza che non dimenticherete.